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gio 27 marzo 2014  Dacci oggi il nostro tubo quotidiano

  • Hai visto che stanno incartando con le impalcature di ferro il palazzo del Podestà?
  • Meno male, avevo paura che lasciassero la piazza libera senza neanche un lato coperto di tubi.
  • Hai ragione, non ci si può più fidare neanche dei preti: sono lì che smontano i pannelli che incartavano San Petronio.
    Che fretta avevano, poi? Quanti anni sono che li avevano montati? Tre o quattro in tutto. Al massimo cinque.
  • Sì, anche secondo me. Gli è venuta la smania di lasciar vedere la chiesa tutta bella pulita, portando via quei bei cartoni che ci avevano messo sopra.

 


  • Adesso dove li metteranno? Non li butteranno mica via. Come farà il vescovo senza uno spazio per fare pubblicità alle scarpe da ginnastica?
  • Ma, qualcosa s'inventerà, poveretto; vedrai che un sistema lo trova, con l'aiuto della provvidenza.
  • Speriamo, intanto il sindaco non è stato con le mani in mano. Appena è arrivata la bella stagione e la piazza si è riempita di turisti, lui cosa ti fa? Tacchete ti nasconde tutto il palazzo del Podestà sotto una giungla di tubi.
  • ... e, per sicurezza, ha anche chiuso l'acqua della fontana del Nettuno.
  • Questa non la sapevo. Niente zampilli da fotografare, allora?
  • No, niente di niente. E' circondata da turisti che fotografano a più non posso, ma la fontana è senz'acqua.
  • Non posso credere: fontana a secco e impalcature nuove in piazza?
  • Va a vedere, deve essere una strategia del Comune troppo difficile da capire per noi vecchi bolognesi.
  • Dev'essere per forza così, altrimenti sarebbero troppo stupidi.



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) gio 27 marzo 2014   Invia un commento all'autore
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mer 26 marzo 2014  Gli ungulati si riprendono i boschi

Gli ungulati, non i cingolati, si stanno riprendendo i nostri boschi, stando ad un paginone di La Repubblica di ieri. Meno male, potremmo dire, meglio cervi, camosci, daini e cinghiali che i carri armati. Non c’è dubbio. Perché poi abbiano messo insieme nello stesso mazzo cervi e cinghiali, timidissimi gli uni, sfrontati e aggressivi gli altri, con il pretesto di unghiotti robusti ai piedi, è un mistero.
Resta il fatto che i boschi stanno ritornando a popolarsi di quegli animali che li hanno sempre abitati insieme con i pochi uomini che condividevano le terre emerse con loro.
C’è da preoccuparsi? Non direi; come al solito, basta non esagerare. Per decenni abbiamo sentito le litanie sullo spopolamento: la foca monaca, la foca monaca! Adesso rischiamo di esagerare in senso opposto. Finché noi abbiamo le doppiette e i cinghiali no, se esagerano e diventano troppo aggressivi e numerosi una sfoltitina gliela possiamo sempre dare… senza esagerare, naturalmente. La lezione dovremmo averla imparata. Non è più il tempo in cui i cacciatori di bisonti, alla fine di una giornata,  lasciavano sulla prateria agli avvoltoi e agli altri animali spazzini centinaia e centinaia di bufali, riducendo in pochi anni la popolazione di bovini selvatici da tre milioni a poche centinaia.
Da ragazzo, prima di appendere al chiodo la doppietta, partecipai a qualche “cacciarella” nella maremma senese. Oggi si chiamerebbero “operazioni di contenimento della specie”, ma anche allora si trattava di abbattere soltanto alcuni cinghiali vecchi, risparmiando i giovani esemplari.

Erano belle spedizioni, bene organizzate, che coinvolgevano decine fra cacciatori e battitori e almeno un centinaio di cagnolini coraggiosissimi: i veri protagonisti della battuta. L’arrivo di un cinghiale incalzato dai segugini si avvertiva dal rumore che l’animale produceva strisciando di corsa con veemenza contro i cespugli del fitto sottobosco maremmano. L’animale lo si vedeva soltanto all’ultimo e, in un attimo, bisognava decidere se sparargli o risparmiarlo alzando il fucile orizzontalmente sopra la testa. Questo segnale significava: “lasciatelo passare; nessuno spari”, ma non sempre veniva rispettato. Uno scemo fra tanti c’è sempre, ma qui la scemo diventa anche pericoloso e non solo per il giovane cinghiale. Gli altri cacciatori disposti in fila sono pericolosamente vicini e rischiano di diventare il bersaglio involontario.
Se tutto va bene e non ci sono vittime o feriti fra cani –i più esposti- cacciatori e canai, rimangano a terra soltanto alcuni vecchi cinghiali dal muso inequivocabilmente canuto. Com’è noto uomini e maiali (e i loro cugini selvatici) si assomigliano moltissimo e, invecchiando, incanutiscono.



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mer 26 marzo 2014   Invia un commento all'autore
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Oggi pomeriggio, uscendo dalla biblioteca nell’affollata piazza del Nettuno ho fatto solo pochi passi prima di essere fermato da una bella ragazzina con la regolamentare corona d’alloro delle neolaureate la quale, con un sorriso timido mi ha chiesto se ero disposto ad ascoltarla brevemente. Al mio assenso ha portato alla giusta altezza per leggerlo un fogliettino che era, in sintesi, una sua breve presentazione. Alla fine della lettura mi ha chiesto se ero disposto ad attraversare la strada sotto la sua guida. Mi sono venute subito in mente le storielle sui boy-scout che, per fare la buona azione quotidiana, costringevano riluttanti “vecchiette” ad attraversare la strada, contro la loro volontà.
Al mio “Volentieri, andiamo” mi ha preso sottobraccio e guidato verso un punto trafficato di via Rizzoli, ma prima che ci avventurassimo perigliosamente nel dribbling fra le auto in corsa, siamo stati raggiunte dalle risate e dalle urla allegre del codazzo dei suoi amici che verificavano la puntuale e completa esecuzione del pegno. “Ma cosa fai? Sulle strisce, va ad attraversare sulle strisce. Ma che scout sei?”

laureata


Nel raggiungere docilmente la zebra pedonale, seguiti dal codazzo dei suoi amici, mi son fatto raccontare l’argomento della sua tesi di laurea. Ho finto di conoscere l’argomento per non deluderla; riguardava una banda Nonsochi responsabile di un eccidio Nonsodove. Mentre le dicevo “Ma certo” mi rammentavo del titolo della tesi in istoria della protagonista dello spassosissimo film di Alain Resnais “Parole, parole”. La giovane laureata in istoria, interpretata da Agnès Jaoui, ironizza amaramente sulla sua tesi che riguardava “I cavalieri contadini del lago Baladour”, o simili, che nessuno aveva mai sentito nominare.
Col favore degli dei, del semaforo verde ed il sostegno del codazzo abbiamo attraversato felicemente via Ugo Bassi ed io sono stato libero di tornare indietro facendo il giro largo, per non essere scortese.
Nel rincasare mi tornava in mente quando una bella mattina di  primavera avevo attraversato il centro di Bologna sostenendo una dipinto di tre metri per due, per dare una mano a due ragazzi e una ragazza che avevano troppa roba da trasportare con sole sei mani.  Li avevo accompagnati dall’angolo di Garganelli fino all’Accademia in via Belle arti dove erano diretti per esporre il dipinto, evidentemente. Alla fine del percorso avevo finalmente guardato il quadro trasportato sotto i portici di mezza città. Era un olio in bianco e nero con dei fantasmini spaziali di altri mondi: bello!



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mer 26 marzo 2014   Invia un commento all'autore
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lun 24 marzo 2014  Vecchi giocattoli

Da un paio di settimane, sono cominciati nella biblioteca Sala borsa i lavori di allestimento di una mostra di giocattoli che un collezionista ha reso disponibili per alcuni mesi. La mostra è stata inaugurata lo scorso fine settimana, ma rimarrà aperta per mesi e avrò tutto l'agio di guardarla e riguardarla entrando o uscendo dalla biblioteca, dopo le mie consuete letture pomeridiane.

I lavori di allestimento degli spazi destinati ad ospitare i giocattoli sono stati lunghi e molto rumorosi nella fase iniziale, poi, sostituiti i falegnami con gli imbianchini e gli imbianchini con i vetrinisti, il rumore è andato diminuendo e i primi giocattoli sono comparsi in disposizioni provvisorie, in attesa di trovare casa definitivamente per alcuni mesi.

Con il telefonino sempre presente nel taschino, ho ripreso alcuni degli assetti provvisori dei primi giocattoli collocati negli stand e potrai vederli come sequenza di diapositive cliccando qui o sulla foto; infatti si trovano in rete nel mio spazio di FLICKR.

cavalli a dondolo


Prima di dare un giudizio definitivo sulla mostra, voglio aspettare di averla guardata con calma, ma la prima impressione che mi ha fatto gran parte dei giochi di legno verniciato esposti è stata di malinconia. Mi sono sembrati gli onesti rappresentanti di un'epoca dei grandi ristrettezze economiche. Giocatoli bruttini per pochi privilegiati.

Della mia infanzia, ricordo:

  • un orsacchiotto,
  • un Pinocchio snodato di legno dipinto,
  • una frusta corta da barrocciaio con la quale fare viaggiare il frullo di legno,
  • un bastone lungo tre spanne per far saltare un legno biconico lungo quattro dita, che nel dialetto ostrogoto della mia infanzia chiamavamo sciancol-vegna;
  • le palline di terra cotta (3 per 1 lira),
  • una fionda, fabbricata con le mie mani con la biforcazione di un ramo di olmo e due anelli di camera d’aria da camion;
  • il preziosissimo temperino;
  • il pallone;
  • il tavolo da ping pong e, soprattutto,
  • la bicicletta, cambiata di tempo in tempo per adeguarla alle crescenti misure delle mie gambe.

Quello che contava, era giocare con gli amici al pallone o a ping-pong o correre in bici o a piedi a più non posso.

E i giocattoli? Ma?



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) lun 24 marzo 2014   Invia un commento all'autore
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dom 23 marzo 2014  Che FAI al museo?

Ieri pomeriggio siamo tornati dopo alcuni mesi nel nostro vecchio museo civico sotto i portici del Pavaglione. Era in corso la promozione nazionale dei luoghi d'arte da parte del FAI che organizza visite guidate, solitamente in luoghi altrimenti inaccessibili.
Non è certo il caso del museo civico di Bologna, tuttavia il FAI organizzava una visita guidata ai mosaici romani ospitati in una saletta minore al secondo piano. Si tratta per lo più di mosaici geometrici molto ben conservati, o restaurati alla perfezione, ma non certo eccezionali se paragonati ai tanti reperti musivi disseminati per l'Italia.
Noi ieri abbiamo saltato completamente la bellissima collezione egizia, seconda solo, in Italia, a quella di rilevanza mondiale di Torino, per ripercorrere la parte villanoviana, quell'etrusca e la romana.


Non ricordavo la bellissima collezione di vasi greci importati dagli etruschi e le interessanti steli funerarie di pietra delle settimo-quinto secolo  a.e.v. Sicuramente tornerò a dimenticarle, ma intanto le ho riviste con piacere. Con il telefonino, unico strumento servizievole sempre in tasca, ho scattato qualche foto; alcune di loro corredano questo testo.
Durante la visita, gruppi di turisti guidati da volontari del FAI, passavano per le sale piene di bellissimi vasi in teche polverose, senza degnarle di uno sguardo, trascorrendo come nuvole in un cielo ventoso.

All'uscita ho incontrato un vecchio amico della banda di informatici, impiegato per l'occasione dal FAI come portinaio volontario.
In tempi ormai lontani, organizzavamo corsi per diffondere l'uso delle tecnologie informatiche fra gli insegnanti e gli studenti delle scuole bolognesi. Ironicamente, ieri mi raccontava aneddoti sugli scatenati ragazzini di prima media che ne combinano di tutti i colori con i loro modernissimi telefonini ed i social network. Non hanno certo bisogno di sollecitazioni, ma al contrario di una educazione ad un uso responsabile e consapevole di questi piccoli potentissimi strumenti e della rete INTERNET.

Sempre bello il nostro ricco e trascurato museo, se poi riuscissero anche ad ammodernare un po' le vecchie polverose attrezzature espositive e l'illuminazione...

antefisse

 



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) dom 23 marzo 2014   Invia un commento all'autore
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ven 21 marzo 2014  Sit-in?

sit-in

Che faceva oggi pomeriggio questo piccolo stormo di bellegioette seduto per terra in un angolo dell biblioteca Sala borsa di Bologna?

  1. un sit-in
  2. un mit-up
  3. un check in
  4. un breackslow

Non è il solo mistero sotto il sole, da quando stormi di turisti di provenienza dubbia hanno cominciato ad infestare portici, strade e piazze di Bologna, senza un vero perché..



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) ven 21 marzo 2014   Invia un commento all'autore
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mar 18 marzo 2014  La Sala borsa di Bologna

Da qualche anno frequento nel primissimo pomeriggio la biblioteca Sala borsa che si affaccia sulla piazza del Nettuno dominata dalla grande statua di bronzo del Gian Bologna che i bolognesi chiamano affettuosamente "il Gigante". L'edificio copre una vecchia strada romana ben visibile attraverso il pavimento di vetro rischiarato da un alto lucernario.

Sala borsa Bologna


L'orario meridiano mi permette di trovare più facilmente un posto dove leggere un quotidiano o un mensile informatico fra i numerosi disponibili ad un affezionato pubblico di giovani studenti e di anziani pensionati.

I lettori di quotidiani di solito scelgono i lunghi tavoli del ballatoio del primo piano per sfogliare più comodamente il giornale, io, invece, preferisco una delle tre poltroncine circondate da piante ornamentali che si trovano all'ingresso di una sala di studio. E' un lungo locale con una dozzina di tavoli rettangolari da sei posti, lampade da tavolo e prese per il computer, frequentato quasi esclusivamente da studenti di età universitaria.

Sala borsa Bologna


Già da diversi anni era disponibile in tutta la biblioteca la rete INTERNET, riservata ai cittadini che si fossero iscritti al servizio comunale gratuito Iperbole, ma da qualche mese, dopo la tardiva e timida liberalizzazione nazionale dei collegamenti, la situazione è ulteriormente migliorata e ora è disponibile a tutti una potente copertura, per cui molti ragazzi adoperano anche i piccoli portatili personali per studiare e collegarsi gratuitamente in rete. I telefonini, invece, tacciono rigorosamente.

La compagnia silenziosissima di ragazze e ragazzi che studiano educatamente mi fa molto piacere e rende gradevole la sosta di un paio di ore, sufficienti per sfogliare un quotidiano o una rivista, prima di affrontare i 3 km e mezzo di passeggiata che mi riportano a casa sotto i portici di via Santo Stefano e, spesso, attraversando i giardini Margherita.

Sala borsa Bologna

Le immagini a corredo di questo testo sono appunto quelle della sala borsa di Bologna.

 



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mar 18 marzo 2014   Invia un commento all'autore
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lun 17 marzo 2014  GIFGIF

"E' una sfinge!"
L'espressione viene usata abitualmente per definire una persona che non lascia trasparire le sue emozioni; che conserva sempre la stessa faccia, insomma. Normalmente, invece, tutti noi in un modo o nell'altro, con maggiore o minore intensità espressiva affidiamo la manifestazione delle nostre emozioni anche alle espressioni del viso, accentuandone l'efficacia con la mimica delle mani o dell'intero corpo, a volte.


Si diceva che Eduardo de Filippo, il celebre attore napoletano, riuscisse ad esprimersi con efficacia senza dire una parola, con lunghi intensi silenzi, perfino voltando le spalle al pubblico teatrale che accorreva ad ammirarlo anche in paesi come la Russia, dove il suo napoletano aveva sicuramente poca speranza di essere capito.
A prescindere da questi virtuosismi, è generalmente accettato che la faccia degli umani, a differenza dei buoi o dei cavalli, esprima le emozioni, quanto meno quelle più intense, ma il "linguaggio del volto" è sempre inequivoco e universale?
Per provare a fornire una risposta a questa domanda, alcuni studenti dell'MIT di Boston stanno cercando di raccogliere una documentazione seria e attendibile, per mezzo di una inchiesta attraverso ITERNET, delle espressioni facciali più convincenti e universali dei principali "stati d'animo umani" o "emozioni", se preferite.
L'ambizione e la speranza degli studiosi è quella di raccogliere un campionario abbastanza completo e attendibile da costituire un vero e proprio linguaggio grafico delle emozioni. Lo strumento scelto per rappresentare le "parole" di questo linguaggio grafico sono figurine in formato GIF (Graphics Interchange Format) , il notissimo formato compresso diffuso in rete.
Il nome del futuro linguaggio sarà GIFGIF; se avrà successo non è dato sapere, ma l'idea mi sembra interessante e il nome azzeccato.
Al mio caro e sagace lettore non è certo sfuggita la contiguità con le faccine o emoticon che, in modo sempre più frequente, vengono utilizzate negli SMS, nei messaggini Whatsapp o Viber o Telegram per aggiungere componenti extra-verbali alla comunicazione testuale.
Il GIFGIF sarebbe, insomma, una evoluzione delle emoticon o delle più sofisticate emoji giapponesi?
Vedremo, nel frattempo i miei migliori auguri ai ragazzi dell'MIT e al loro GIFGIF.



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) lun 17 marzo 2014   Invia un commento all'autore
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gio 13 marzo 2014  Madonna in burka

Madonna in burka

Madonna

La foto è stata scattata ieri con il telefonino in via Tovaglie a Bologna. Di immagini sacre collocate sotto i portici in angoli morti o in colli di bottiglia dove il portico continua restringendosi ce ne sono parecchie, in centro, Quasi mai brillano per la qualità pittorica o per lo stato di conservazione perfetto. Diciamo pure che il loro valore è riposto nella natura devozionale o semplicemente affettiva che conservano agli occhi degli abitanti di quell'angolo di città.

I restauri accurati sono rari per non dire inesistenti. Di solito le immagini sono quasi illeggibili per la polvere ed il nerofumo, ma proprio per questo mi ha sorpreso notare questa madonnina accuratamente restaurata nel 1975 dalla sezione bolognese di "Italia nostra". Il restauro è stato eseguito in onore del grande critico d'arte bolognese Francesco Arcangeli, come viene ricordato dalla piccola lapide posta in basso. Sin qui tutto bene: una lodevole eccezione alla regola da parte di un gruppo di sensibili concittadini in contrasto con la "normale" trascuratezza che la città riserva ad immagini analoghe.

La cosa strordinaria è che dopo il restauro, che l'avrebbe restituita all'attenzione del passante, sia stata murata viva dietro una fittissima grata che la nasconde quasi completamente, come fanno i mariti afgani gelosi quando impongono alle belle (?) mogli un deprimente burka che ne oscura perfino il volto accuratamente truccato.

Un bel vetro blindato non andava bene?



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) gio 13 marzo 2014   Invia un commento all'autore
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