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mar 17 giugno 2014  Strada Maggiore

Stanno sbucciando e ripavimentando Strada Maggiore: il tratto della via Emilia bolognese dalle Due Torri a Porta Maggiore e per farlo impiegheranno circa sei mesi. “Se otto o_oore, vi sembran poche, venite voi a laaavorar…” dice la celebre canzone.
Ho dato una controllatina, per sicurezza, e ho trovato conferma alla mia incerta memoria: Marco Emilio Lepido, senza ruspe,  impiegò due anni (189-187 a.e.v) a completare le 176 miglia romane che andavano e vanno da Piacenza fino al porto militare di Rimini. La via Emilia è ancora lì, più o meno sempre la stessa, e continua ad essere percorsa avanti e indietro per tutta la vita da noi emiliano-romagnoli nati negli ultimi milleduecento anni e chissà da quante altre generazioni ancora, in futuro.

Problema:
Il tratto di strada che ora stanno rifacendo in sei mesi di tempo e con abbondanza di bulldozers a disposizione è circa mezzo miglio romano; così stando le cose, quanti anni avrebbe impiegato Marco Emilio Lepido a completare le 176 miglia, se fosse stato fornito delle moderne attrezzature?
 

Strada Maggiore Bologna

Gli omenoni di Palazzo Davia Bargellini guardano sconsolati la mesta strada disfatta
e senza passaggio di pedoni, proprio adesso che stavano per fiorire décolleté  e minigonne.



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mar 17 giugno 2014   Invia un commento all'autore
"Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)

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lun 16 giugno 2014  Ortensie celesti

Perché le volessero proprio azzurre e non rosa, come si ostinavano a fiorire spontaneamente non mi era chiaro. Parlo delle immancabili ortensie che si scatenavano in rigogliose fioriture nei giardini delle nonne dei miei amici, all’inizio delle vacanze scolastiche estive. A me non piacevano un gran che.
Che senso ha un fiore senza profumo, direbbe Alice dopo aver abbandonato sul prato un libro senza figure?
Spesso negli stessi giardini e alla stessa stagione c’erano meravigliose siepi di gelsomini, bianche di fiori profumatissimi, o spalliere di caprifoglio meno appariscenti e altrettanto profumate, ma “le nonne” sembravano prestare attenzione solo ai trucchi caserecci per fare diventare azzurre le ortensie che, in qualche caso, effettivamente apparivano, con gentile condiscendenza, accanto alle riottose sorelle rosa.
Alla base ci deve essere il solito istinto perverso che, cent’anni fa, prima dell’avvento delle tinture  per capelli libere&gratuite, facevano fischiare per la strada i meridionali al passaggio di una bionda e costringevano le giovani contadine a infarinarsi la faccia abbronzata prima di andare a ballare per sembrare bianche come “le signore”.
Per la stessa ragione, oggi, le biondissime signore si abbronzano faticosamente estate e inverno producendo quell’effetto straniante di sano immaginario o addirittura di negativo fotografico che lascia perplessi i dobermann di passaggio, così tradizionalisti nel loro rigore morale.

ortensie

Le rigogliose ortensie della foto scattata ieri sono in un giardino privato
di via Marella nel percorso fra casa mia e i giardini Margherita di Bologna.



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) lun 16 giugno 2014   Invia un commento all'autore
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ven 06 giugno 2014  Bassano del grappa

Ieri siamo andati a Bassano. La ragione della scelta di questa meta per una gita di un giorno non la so e non ho chiesto, non tanto per discrezione, ma perché non m’interessa molto. Come dice il saggio: “Ci sarà una buona ragione”.
A memoria mia, molto incerta, ci ero stato una sola volta da bambino al ritorno da una villeggiatura con mia zia I. All’epoca, andavamo un paio di settimane d’agosto con il CAI di Carpi in una località alpina diversa ogni anno. Il club affittava un intero albergo e i soci potevano andarci durante l’estate per un paio di settimane o più in un’atmosfera simpatica e amichevole. Quando passammo da Bassano, al ritorno dalla villeggiatura, dovevamo essere stati in Trentino, dove di preciso non lo so, ma credo che sia stata la volta in cui giungemmo a Venezia, con il pullman che ci riportava a casa. Era il tramonto di una bella giornata estiva e l’impressione della laguna che ne ricavai fu così forte che la conservo ancora a distanza di una vita. A due ore di macchina o di treno da casa, Venezia è una meta abituale e abbastanza frequente; ci sono tornato mille volte per spasso e anche per lavoro, ma quella prima inattesa visione al tramonto resta indimenticabile, e forse per questo non ricordo nulla della contemporanea visita a Bassano. Neppure il vecchio ponte in legno dove “ci darem la mano ed un bacin d’amor”. In effetti è un manufatto abbastanza originale per aspirare alla categoria dell’”indimenticabile”, ma così non è stato, per me. Pare che dalla versione disegnata dal Palladio ce ne siano state diverse successive, dovute alle ricorrenti piene del fiume Brenta che in momenti di particolare euforia lo travolge o lo danneggia gravemente.

Il ripristino più recente e tuttora in piedi è quello del 1968 dopo i danni causati dalla piena del ’66, quella che tutti ricordiamo per l’alluvione dell’Arno a Firenze. Ieri era infiocchettato al massimo con bandiere italiane appese ai travi e vasi di gerani rossi sul pavimento di pietra.
Il resto della cittadina ha un’aria trascurata, molte vecchie case e palazzetti del centro storico sono in semi abbandono. Disabitati i piani superiori, tutte le imposte chiuse, un solo negozio al pianterreno con paccottiglia per turisti e… grappa. Non c’è nulla che si salvi dalla contaminazione con il distillato prediletto dai bassanesi. Qualunque manufatto commestibile è, immancabilmente, “alla grappa”.
L’umore era buono, la giornata bella, non troppo calda, le torme di vecchie turiste infestanti con zainetto e doppi bastoni ultraleggeri non troppo numerose e alle sette di sera eravamo già a casa in tempo per cenare all’ora giusta. Penso che sia stata l’ultima visita a Bassano di questa vita e neppure questa si rivelerà indimenticabile, presumo.

Ecco alcune mie foto scattate ieri a Bassano.



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) ven 06 giugno 2014   Invia un commento all'autore
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lun 02 giugno 2014  Toc toc...

Toc toc..

Palazzo Montanari Bologna

Maniglioni a forma di diavolaccio draghifago del portone di palazzo Aldrovandi Montanari
in via Galliera 8 - Bologna

A sinistra il profilo di uno dei due maniglioni di palazzo Montanari

A destra il maniglione unico con sirene e delfini di palazzo Felicini Fibbia
in via Galliera 14 - Bologna



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) lun 02 giugno 2014   Invia un commento all'autore
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