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Paradiso e Inferno: il British Museum e la Ash Factory

     L'esempio più chiaro della essenziale ambivalenza degli ambienti in cui vivono i personaggi degli studiosi - spazi allo stesso tempo opprimenti e protettivi - lo offre il complesso edificio che racchiude sia il British Museum che la Ash Factory. Il narratore, riferendosi alla sensazione provata da Roland al suo ingresso nel British Museum, descrive in termini molto forti ed espliciti le opposte nature dei due ambienti, paragonando il British Museum al Paradiso di Dante e la Ash Factory all'Inferno.

Il British Museum

      All'inizio del romanzo i personaggi degli studiosi sono proiettatti nostalgicamente in un passato - rappresentato dalla figura di Ash - che ai loro occhi appare assoluto ed originario. Unico luogo che sembra poter riportare a quell'universo senza confini né tempo è per loro il British Museum.  Il British Museum viene infatti descritto come un ambiente utopico dove è possibile vivere a contatto con le menti illuminate del passato, dove si può avere accesso a tutti i volumi che costituiscono il grande libro del sapere universale, dove gli studiosi possono raggiungere e consultare le fonti prime della conoscenza, il sapere originario. Così Roland:

"had compared it to Dante's Paradiso, in which the saints and patriarchs and virgins sat in orderly ranks in a circular formation, a huge rose, and also the leaves of a huge volume, once scattered through the universe, now gathered" (P26).

("l'aveva paragonato al Paradiso di Dante, dove santi e patriarchi e vergini sedevano in ordinati ranghi concentrici, una rosa immensa, e anche fogli di un immenso volume, un tempo sparpagliati per l'universo, ora raccolti") (Poss.29)

     Nel British Museum Roland sente di poter far parte di quel flusso ininterrotto di vita e di sapere di cui vedeva in Ash un simbolo. Accanto, però, a questa descrizione paradisiaca, il narratore ci ritrae l'enorme cupola della biblioteca conferendole connotati infernali. Pur nella sua magnificenza, infatti, la volta di vetro risulta a chi vi lavora una cappa soffocante "which... held... insufficient oxygen for all diligent readers, so that they lay somnolent like flames dying in Humphrey Davy's bell-jar as their sustenance was consumed" ("non sembrava contenesse sufficiente ossigeno per tutti quegli alacri lettori, che dunque languivano sonnolenti come fiamme in agonia sotto la campana di vetro di Humphrey Davy mentre il loro alimento si esauriva"). Il contrasto presente tra parti diverse dello stesso edificio risulta di conseguenza raddoppiato: anche all'interno del luogo più apertamente piacevole, infatti, si nascondono aspetti opprimenti. L'ambivalenza si fa quindi più nascosta, si moltiplica attraverso un meccanismo simile a quello della scatole cinesi, artificio che viene spesso adottato nel romanzo per creare risonanze, reiterazioni e quindi insistenze di significato.

La Ash Factory

     La Ash Factory è il luogo infernale per eccellenza: l'ubicazione sotterranea, la vicinanza alla necropoli egizia, l'accesso ristretto e squallido, il calore eccessivo e la puzza di zolfo e di gatto la caratterizzano in modo inequivocabile (Ash Factory §). A differenza del British Museum che, pur presentando aspetti oscuri, sembra rendere possibile l'incontro tra gli uomini di oggi e i grandi di ieri  in un rapporto di fruttuosa convivenza, nella Ash Factory le figure che rappresentano il passato sembrano sconsigliare e impedire una qualsiasi opportunità di quel tipo. Si tratta infatti non più di santi e patriarchi, ma di "faraoni dall'immobile sguardo cieco", non più di personalità di rilievo, ma di "sfingi minori" e di sarcofagi addirittura vuoti. Per di più la presenza di "scribi accovacciati" sembra alludere alla marginalità di coloro che scrivono e, in senso lato, degli studiosi. Ne consegue l'impressione che il rapporto ambivalente tra i personaggi e gli spazi si estenda in un processo di moltiplicazione anche ai rapporti con il tempo passato e la conoscenza.

     Come rilevato per il British Museum, così anche per la Ash Factory si presenta un fenomeno di moltiplicazione e rifrazione per cui gli effetti della descrizione dell'ambiente assumono maggiore rilievo ed evidenza. All'interno di questo luogo buio e chiuso si aprono infatti cunicoli che, penetrando ancor più profondamente nelle viscere dei sotterranei, portano ad ambienti ancora più nascosti. Qui si trova Beatrice Nest, curatrice del diario di Ellen Ash, prigioniera e contemporaneamente ospite della grotta che l'accumulo degli schedari ha creato intorno a lei:

"In an inner room, beyond the typewriter cubicle, was a small cavern constructed of filing cabinets, inhabited by Dr. Beatrice Nest, almost bricked in by the boxes containing th diary and correspondence of Ellen Ash" (P. 27)

("In una stanza interna, al di là del bugigattolo delle macchine a scrivere, gli schedari formvano una piccola caverna che ospitava la dottoressa Beatrice Nest, quasi murata viva tra le scatole contenenti il diario e la corrispondenza di Ellen Ash" (Poss., p. 30))

   Queste considerazioni sul complesso edificio della Ash Factory e del British Museum - la caratteristica compresenza di aspetti contrastanti, il ruolo ambivalente che assume agli occhi  dei personaggi - si ripresentano in vario modo per ogni altra biblioteca o luogo di studio descritto nel romanzo. Si potrebbe infatti dire che i luoghi presentati in Possession, più che essere ambienti particolari e differenti tra loro, rispondano piuttosto a delle tipologie, ai diversi tipi di rapporti che i personaggi instaurano con i luoghi in cui abitano. Le biblioteche, le case non assumono tanto un valore singolare e associato a momenti specifici della narrazione, quanto un valore legato all'etteggiamento di carattere più generale che i personaggi assumono nei confronti della realtà.

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